Posts tagged with “spazi pubblici”

Manifattura Tabacchi di Firenze, Hub di creatività sostenibile

manifattura-tabacchi-2.png

Il complesso, progettato da Pier Luigi Nervi a Firenze, si rinnova ed è destinato a diventare icona della factory italiana dove si incontrano arte, design e moda.

Nel 2016 la società immobiliare del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti e il PW Real Estate Fund III LP (fondo gestito da Aermont Capital) hanno fondato una associazione temporanea di imprese con l’obiettivo di dare a professionisti ed artisti l’opportunità di condividere l’ambiente lavorativo. Il complesso originariamente dedicato alla produzione di sigari e sigarette diventa terreno fertile per una progettazione a misura d’uomo e nel rispetto del genius loci.

L’intervento di ristrutturazione da 250 milioni di euro si configura come uno dei più complessi a scala nazionale coinvolgendo 16 edifici per un totale di 110.000 metri quadrati. Si è cercato di dar vita ad un vero e proprio polo multifunzionale sulla base del masterplan ideato da Concrete Architectural Associates e sviluppato poi dallo studio Q-bic di Luca e Marco Baldini e dal paesaggista Antonio Perazzi.

Prerogativa dei progettisti era quella di limitare al massimo le demolizioni puntando invece ad un efficientamento energetico degli edifici esistenti ed una corretta gestione delle risorse idriche. Come sostiene Giovanni Manfredi CEO Manifattura Tabacchi:

“L’inizio dei lavori della Factory di Manifattura è un momento molto importante e simbolico del cambiamento, per noi rappresenta il passaggio dal ‘pensare’ al ‘fare’. L’anima del progetto è quella di riscoprire la parte contemporanea di Firenze, offrendo una dimensione più ‘fresca’, un luogo dove è possibile sperimentare, fare errori, essere innovativi”.

La Manifattura Tabacchi dal 2018 è sede di mostre ed eventi temporanei che hanno luogo principalmente nell’edificio 7 ristrutturato, dove trovano posto anche laboratori per lezioni di grafica, fotografia, scenografia e pittura. Altri edifici sono stati poi recuperati come l’edificio 8 che ospita la DogHead Animation, un team che si occupa di animazione 2d e computergrafica e l’edificio 9 dove è stato realizzato il prototipo della Fabbrica dell’Aria, frutto dello studio di Stefano Mancuso sulla purificazione dell’aria.

La sostenibilità sarà fulcro fisico ed ideale del polo grazie alla realizzazione dell’Officina Botanica posta al di sopra dell’edificio centrale della Manifattura Tabacchi, il quale ospiterà la casa permanente di Not A Museum (NAM).

Alla moda è invece dedicato l’edificio 6, sede dell’istituto Polimoda, con circa 1000 metri quadrati di laboratori e una capienza di 800 studenti. L’attenzione al progetto originario di Nervi è esplicata attraverso le aperture che lasciano immutati i prospetti. Si è scelto quale materiale l’acciaio zincato verniciato che ben si sposa con i serramenti originari pur mantenendo alte prestazioni energetiche. Lo stesso edificio 6 richiama lo stile razionalista industriale tipico degli anni ’30 e degli edifici industriali.

Il quartiere sarà terminato entro il 2022 con l’apertura del complesso volto alla sostenibilità e alla creatività verso il panorama internazionale.


Un nuovo polo ferroviario per Parigi

scapearchitecture-pantin-ph008-photobylucboegly.png

È lo studio italo-francese SCAPE a firmare il progetto del nuovo polo ferroviario parigino la cui originalità trova luogo nel perfetto connubio tra ville rinascimentali italiane ed innovazione tecnologica.

Ci troviamo per l’esattezza a Pantin, una piccola cittadina a nord-est della Capitale, facilmente raggiungibile anche dal grande parco della Villette. Qui sorge un vero e proprio centro di controllo all’avanguardia che gestisce circa il 20% del traffico ferroviario della Francia ed il cui scopo è quello di rendere agevole il collegamento verso la Normadia. Tuttavia il compito dei progettisti non è stato semplice, dovendo tener conto del fattore ambientale, peraltro in una posizione non troppo lontana dalla città consolidata. Infatti il nuovo polo rientra all’interno di un progetto più ampio, ovvero quello di un eco-quartiere da realizzarsi entro il 2030 e che dovrà ospitare oltre che ai servizi anche alloggi ed uffici. Così ha dichiarato l’architetto Ludovica Di Falco dello studio SCAPE:

“Il tema era assai articolato, la SNFC, società ferroviaria francese, richiedeva un edificio dalle particolarissime esigenze tecniche ma anche dalla forte ambizione architettonica, perché situato nel cuore di Pantin, di fronte alla stazione e alla sede del Comune. Ancora non si sa quale sarà la configurazione del nuovo insediamento. Come concepire un grande volume che oggi sorge isolato, ma in futuro sarà parte di uno sviluppo urbano ancora ignoto?”.

L’intervento da 28 milioni di euro prevede la realizzazione di un edificio che si configura piuttosto come un recinto di dimensioni pari a 140x150 m, all’interno troveranno posto nei due edifici emergenti le sale di comando, gli uffici collegati tramite passerelle alle aree destinate a parcheggio ed ai patii. La finitura esterna determina il carattere stilistico della struttura essendo rivestito in pietra di scisto, inoltre le ampie aperture lungo le facciate rendono il “recinto” permeabile ed in stretta relazione con il contesto. Le soluzioni progettuali si sono poste l’obiettivo di garantire affacci verso l’esterno senza venir meno al fattore della riservatezza. Gli edifici posti all’interno creano un sorprendente contrasto con il recinto, sono rivestiti da una maglia estrusa in 3D costituita da lega di alluminio e zinco con sfumature dorate.

L’architetta Di Falco descrive così l’ispirazione iniziale che ha guidato le fasi ideative:

“Nell’immaginare questa sorta di fortezza – l’edificio è un obiettivo sensibile, e in quanto tale doveva risultare protetto e chiuso in se stesso – abbiamo preso come riferimento la villa italiana del Rinascimento. Quando Scipione Borghese costruì Villa Borghese a Roma, realizzò una forma che allora sorgeva autonoma, ma oggi è perfettamente integrata nella città. Un risultato simile a quello che ci proponiamo noi.”

La sostenibilità dell’involucro è assicurata dalla presenza sulla copertura della grande sala di 1000 metri quadrati, e sulla copertura del parcheggio di superfici piantumate e a servizio dei dipendenti e dei fruitori del polo. Non meno importante è stata la valutazione sugli impianti illuminotecnici ed acustici tanto che:

“Sul tetto della sala centrale, 40 oblò di due metri di diametro convogliano all’interno la luce naturale, che viene mescolata a quella artificiale, e poi diffusa da un soffitto traslucido. Per un edificio operativo notte e giorno come questo, il comfort luminoso era uno dei temi cruciali.”


Conclusi i lavori per il Datong Art Museum

datong.png

Un polo culturale per l’antica città di Datong firmato da Foster + Partners assume forme scultoree ed iconiche.

Si trova nella parte est della città cinese, che pur essendo stata fondata nel 200 a.C. presenta un impianto urbanistico ed un aspetto che lasciano pensare ad una città fondata ex novo. Delimita insieme ad altri tre padiglioni il perimetro di quella che è stata definita la Piazza d’arte del nuovo polo culturale. Il completamento del progetto era previsto inizialmente per il 2013, ed è stato posticipato fino ad oggi.

Ispirandosi alle catene montuose che caratterizzano il territorio circostante, dove si trova anche il Lago Wenyinghu, quattro elementi piramidali si stagliano verso gli angoli della piazza a simulare proprio le vette. Il padiglione, con la sua ampia copertura ed un’estensione di circa 32.000 metri quadrati, viene anche definito un “salotto urbano per Datong”, come afferma anche Luke Fox dello studio Foster + Partners:

“Capace di riunire persone, arte ed artisti in uno spazio dove poter interagire. Progettato per il futuro, speriamo che il museo diventi il centro della vita culturale della città, una destinazione pubblica dinamica”.

Gli ambienti interni sono caratterizzata da altezze diversificate che assecondano la copertura; quindi, più alti nella parte centrale e più bassi via via che ci si avvicina al perimetro, la pianta resta rigorosamente libera. La cosiddetta “Grande Galleria” presenta infatti ben 37 metri di altezza per 80 metri di larghezza. L’illuminazione naturale è favorita dalla presenza di grandi lucernari lineari e corredata da fonti di illuminamento secondario nella parte bassa.

L’orientamento a nord e nord-ovest dei lucernari fa sì che vi sia un microclima ideale per le opere esposte. Durante le ore serali, al contrario, l’intera struttura funge da sorgente luminosa per gli spazi esterni, garantendo un effetto scenografico e suggestivo. L’inclinazione delle falde in acciaio della copertura, isolate termicamente, garantiscono inoltre un efficiente drenaggio dell’acqua piovana.

Per l’allestimento interno la scelta è ricaduta su uno stile minimal che richiama lo stile white-cube. Il Datong Art Museum è distribuito su quattro livelli, tre fuoriterra ed uno interrato per evitare di sovrastare sullo spazio circostante. Sono presenti oltre alla Grande Galleria, spazi espositivi più piccoli nello spazio perimetrale, una mediateca, un archivio, una caffetteria ed un ristorante.


Inaugurata al House of Music di Budapest

house-of-music-hungaryliget-budapest-project5.png

Nella capitale ungherese il progetto firmato Sou Fujimoto Architects propone un’originalissima rivisitazione del rapporto tra suono, luce e natura.

La città già polo culturale per la musica classica e popolare, con la House of Music proporrà un programma di musica dal vivo, mostre, programmi didattici ecc. I visitatori saranno immersi in un ambiente totalmente permeabile e filtrato, riflesso delle prospettive verso cui va la produzione musicale e l’aspetto naturalistico ne è una parte fondamentale. Per la sua inaugurazione sono state già predisposte una mostra permanente dedicata alla musica europea e la prima mostra temporanea dedicata al pop ungherese tra gli anni ’50 e gli anni ’90.

L’edificio si trova nel più grande parco cittadino e si estende per circa 9.000 metri quadrati prendendo il posto degli ex uffici di Hungexpo, perfettamente integrato nel suo contesto costituisce per i progettisti un prolungamento del parco stesso. Si inserisce nell’ambito del Progetto Liget Budapest, lo sviluppo culturale urbano più ambizioso e pluripremiato d’Europa. La trasparenza dell’edificio è resa grazie all’impiego di una cortina di vetro, 94 pannelli termoisolanti, alti fino a 12 m.

Dal punto di vista impiantistico un ottimo livello di efficienza energetica è garantito da un sistema di riscaldamento e raffrescamento di tipo geotermico; quindi, sfrutta le fonti rinnovabili per soddisfare il fabbisogno energetico dell’edificio ed e criteri per l’ottenimento della certificazione Breeam.

La copertura presenta all’intradosso una decorazione a foglie d’albero, circa 30.000, insieme formano una trama a nido d’ape da 1.000 elementi. Allo stesso tempo all’estradosso la particolare geometria dell’edificio richiama l’andamento delle onde sonore, pur non sovrastando le chiome del parco circostante. I fori che discretizzano la copertura, di forma variabile, simulano l’ombreggiatura delle chiome degli alberi e permettono alla luce di entrare in ogni ambiente. Il progettista ha infatti raccontato:

“Siamo rimasti incantati dalla moltitudine di alberi nel parco cittadino e ispirati dallo spazio da loro creato, Mentre la fitta e ricca tettoia copre e protegge l'ambiente circostante, consente anche ai raggi del sole di raggiungere il suolo. Ho immaginato la pianta aperta, dove i confini tra interno ed esterno si confondono, come una continuazione dell'ambiente naturale".

Articolato su tre livelli, come i tre movimenti di una partitura musicale e vede al di sotto della grande cupola, al piano terra, la sala da concerto ed un palcoscenico all’aperto, al livello superiore gli spazi dedicati all’apprendimento, infine al piano seminterrato vi sono le mostre.

L’edificio si connota anche come una rivisitazione del museo del XXI secolo, ponendo come base filologica del progetto anche l’esperienza del compositore Karlheinz Stockhausen, ovvero un’esperienza uditiva a 360 gradi, presentata ad Osaka nel 1970 in occasione dell’Esposizione Universale. La cupola emisferica in questione, infatti, emette audio surround da ogni direzione.


Arx Vivendi, un progetto tra memoria ed accoglienza

noa-network-of-architecturemonastero27alexfilz.png

Un monastero del XVII sec. sul Lago di Garda viene riconvertito a struttura ricettiva all’insegna del benessere e della meditazione.

Il progetto condotto dal team di noa network of architecture trasforma infatti l’antico monastero delle Serve di Maria Addolorata della città di Arco edificato da Leopoldo d’Austria, sottoposto a vincolo, secondo una linea di intervento che asseconda le tracce del passato. Parte dell’edificio, con le sue alte mura ed il suo giardino interno, ha mantenuto la sua antica funzione di luogo di clausura, così come resta l’antica chiesa. Ci si è concentrati infatti sull’ala Ovest, i lavori si sono conclusi nell’arco di circa un anno con il contributo della Soprintendenza per i Beni Culturali di Trento. Uno dei connotati principali della struttura, ovvero il suo rigore formale diventa punto di forza e di partenza ai fini progettuali, come racconta l’architetto Francesco Padovan, del team noa*:

“La grandiosità e il rigore delle architetture, i lunghi corridoi, i soffitti a volta, tutto concorre a dare a questi spazi un carattere fuori dal tempo. Una filosofia progettuale che ci ha guidato e aiutato a mantenere la chiarezza compositiva, statica e visiva, che rende il monastero un luogo davvero speciale".

Emerge una spiccata attenzione al dettaglio, alla scelta di colori e materiali da impiegare, al mantenimento dei percorsi originari e alla volontà di adeguare a tali criteri i nuovi volumi. La struttura, dunque, offre 37 camere standard, 3 suites ed un’area wellness realizzata ex novo ispirata alla ruralità del territorio. Le strutture vetrate dell’area, infatti, corroborano il rapporto fra la storia antica del monastero con quella del paesaggio rurale che lo circonda. Il carattere spirituale della struttura ben si sposa con l’offerta ricettiva predisposta, aggiunge infatti Padovan:

“È un rifugio capace di offrire esperienze antiche, valorizzando al massimo la particolarità e la storia del luogo. Dove ogni scelta costruttiva, ogni materiale e dettaglio sono stati studiati per trarre forza dalla monumentalità del contesto preesistente, esaltandola e portandola a nuova vita.”

I tre livelli del monastero presentano una differente configurazione interna, in particolare al piano terra si sono voluti valorizzare i percorsi esistenti, dunque la reception, la sala colazione e una sala lettura si susseguono linearmente lungo i corridoi voltati a crociere; sullo stesso corridoio affacciano il bar ed una cucina. Infine, al piano terra è presenta un delle tre suites, dotata di un giardino privata a disposizione degli ospiti.

Il primo piano è connotato dalle travi lignee che corrono lungo il corridoio centrale, dove trovano posto le altre camere, ricavate dalla fusione delle celle monastiche. Anche al secondo piano, il sottotetto, sono state restaurate le capriate di copertura e ricavate ulteriori stanze.

"Si va dagli spazi concentrici del piano terra al maestoso corridoio del primo piano, alla selva di travi lignee del sottotetto. Su questa varietà di ambienti abbiamo lavorato, definendo soluzioni che non alterassero i diversi disegni, ma ne restituissero rafforzati il fascino e l’originalità".

A completamento dell’opera una grande importanza ha rivestito il progetto degli arredi che vede scelte mirate, su misura, con l’impiego delle tonalità del bianco, del grigio e del nero e sfrutta i soffitti ed i decori esistenti, conservati e restaurati. Come afferma l’interior designer del gruppo di progettazione, Niccolò Panzani:

"La cura del dettaglio, il disegno su misura, ci consentono di offrire un progetto sempre unico, esclusivo, mai ripetitivo, creato ad hoc per il committente, ma qui, l’eccezionalità del luogo ha ulteriormente plasmato le nostre scelte, per restituire quel senso di pace e di tranquillità che il monastero ha custodito per secoli”.